Voce elastica per l'infanzia

Credere che sia esistita un'età dell'infanzia, spesso, è un puro atto di fede e chi non ha il dono della fede se ne resta alquanto dubbioso, per non dire scettico. Deve essere stato quello un tempo nel quale le cose e le persone mantenevano una loro infrangibile inesplicabilità, quando gli adulti erano assorti in discorsi e attività senza capo né coda, mentre i luoghi domestici e scolastici erano fermamente governati da irreparabile e imprevedibile follia. Ci vuole un libro come Il maestro Atomi, il terzo di Maurizio Salabelle, scomparso lo scorso anno (Edizioni Casagrande, pp 237, nuova ed. rivista dall'autore; la prima era stata edita da Comix nel '97) per far affiorare dagli strati più sepolti della memoria il ricordo della assoluta sproporzione che segna il mondo infantile, quando tutto è gigantesco e ignoto. I bambini osservano infatti tutto con attenzione inaudita fin nei dettagli, anzi soprattutto ciò che è dettaglio e precisare al minuto l'ora in cui il fatto è accaduto garantisce una migliore credibilità. Ma tutte le avventure che capitano in questo libro sono allucinazioni totalmente incredibili, descritte e catalogate con precisione e competenza: la «pentola aleatoria», il viaggio in un Giappone dove non si incontra un solo giapponese, o la circolare ministeriale che impone ai maestri di avere un secondo lavoro. Il mondo che Salabelle ha tirato fuori dal magazzino degli improbabili e del fantastico (e di cui la scuola non è che l'emblema) non piace troppo ai lettori 'ragionanti'; è svelto, pinocchiesco, facilmente reversibile, sempre estremo. Qui gli zeri e i dieci trasmutano gli uni negli altri senza ragione. Ma è esilarante la pacatezza con cui l'assolutamente inverosimile viene accettato senza discutere. Gli alunni del lunatico maestro sono interrogati sul funzionamento della lavatrice, non dei triangoli, e in premio hanno il permesso di uscire con delle ragazzine, impacciate paesane che leggono articoli di economia e ne disquisiscono con competenza. «Anche se questo è un libro pazzoide, è tuttavia un libro di verità - ha scritto Ermanno Cavazzoni nel risvolto - ; su quell'età spersa e puzzolente che è la tarda infanzia...e io ci riconosco la mia indelebile puzzolente infanzia». Maurizio Salabelle - uno dei «narratori delle riserve» a suo tempo antologizzati da Gianni Celati - aveva il dono di saper maneggiare con grazia maniacale una scrittura che mantiene i difficili ritmi e le trovate furbesche e impure dell'oralità, ed è una voce elastica e rapida a guidare chi legge in sottomondi pieni di oggetti incongruenti, avanzi di cibo, carte stropicciate e supplenti strampalati, adescandolo ad una risata rabelaisiana: «Le poche persone che passavano per quella strada...avevano l'aspetto di individui che fossero usciti di casa per un grave errore». Sì, deve esserci stato un tempo dell'infanzia, quando non si domandava il perché delle cose e la straripante inesattezza degli adulti era sopportata con pazienza da piccoli esseri che si ingegnavano quotidianamente nell'opera di sopravvivere all'assurdo, senza peraltro sperare di porvi rimedio.

Graziella Pulce
Alias - Il Manifesto
25 settembre 2004