"Il mio unico amico"

Bollati Boringhieri Editore
Torino, 1994

Le avventure del signor Didgy e della sua «noiosa malattia».
Uno stranissimo caso clinico.

I.
Quell'estate, che fu la più lunga della nostra vita e che ricorderemo sempre alla perfezione, già alle sette della mattina faceva un caldo terribile. Dopo che la mamma era uscita di casa per presentarsi alla fabbrica dove lavorava, mio padre chiudeva le persiane della cucina perché non entrasse l'aria torrida e non ci vedessero i vicini da fuori. Allora la sua noiosa malattia era già piuttosto grave anche se non ce ne rendevamo conto adeguatamente.
...

Strana malattia quella da cui è affetto il protagonista di questo romanzo: è una specie di «alcolizzato da vocabolario» e non può fare a meno di consultare continuamente un suo vecchio volume dalla copertina piena di macchie. È il padre di una famiglia operaia e la sua mania gli procura molte difficoltà: gli impedisce di trovare un lavoro stabile, lo fa litigare coi pochi amici, fa sì che lo caccino dai cinema e che la polizia lo tragga in arresto.
La famiglia, che abita alla periferia di una grande città e che conosciamo durante un'estate terribilmente calda, è un insieme di voci e di comportamenti obbedienti a una logica stralunata che si pretende normale. L'intera vicenda, che ha al centro l'insolito caso clinico paterno, è raccontata dal figlio, un bambino di dieci anni che trascorre l'estate con un amico silenzioso offrendo in giro i biglietti di una lotteria inventata tra le mura domestiche: un'altra occasione per incontrare abitatori pacatamente assurdi dell'universo fantastico di Maurizio Salabelle.
Questo romanzo drammatico e comico, che a tratti finge di essere un romanzo a sfondo sociale, è in realtà un'invenzione sul tema della lettura, intesa come parola scritta, simbolo di un ordine superiore, il commento appropriato a spiegare i segreti del vivere. Il contrappunto costituito dalla lettura del vocabolario accresce il grottesco dei due piani di esperienza: i casi della vita e le pseudo-didascalie ricavate da una cultura derisoria.
(risvolto di copertina)